
Immaginiamo di stringere tra le mani un palloncino colmo d’acqua, fino ad aumentare la pressione al suo interno. Molto probabilmente si romperebbe, lasciando fuoriuscire tutta l’acqua contenuta.
Questo, seppur in piccolo, è ciò che accade alle arterie quando si verifica un ictus: piccoli depositi di grasso lungo le pareti contribuiscono all’aumento della pressione sanguigna all’interno dei vasi, che costringe il flusso in uno spazio troppo stretto per accoglierlo. Le arterie possono diventare ostruite e, in alcuni casi, rompersi. Quando questo accade le cellule nervose entrano in uno stato di sofferenza, perché non ricevono più l’ossigeno e i nutrimenti trasportati dal flusso sanguigno e necessari alla loro sopravvivenza ed è per queste ragioni che l’ipertensione arteriosa mal curata costituisce uno dei fattori di rischio principali per l’insorgenza di un ictus.
Questo è ciò che accade all’interno del processo, ma quali sono i segnali che il corpo manifesta durante un episodio ictale?
In alcuni casi, possono non esserci segni premonitori. Tuttavia, può capitare che il vero e proprio ictus sia preceduto da un Attacco Ischemico Transitorio: in altre parole, un calo temporaneo di afflusso sanguigno al cervello, che potrebbe manifestarsi con una breve perdita di coscienza, prima che la persona torni a uno stato di perfetta normalità.
Durante un ictus conclamato, invece, è possibile osservare sintomi localizzati all’area destra o sinistra del corpo, a seconda della zona in cui l’episodio sta avvenendo:
- perdita della sensibilità o paralisi a un lato del viso o del corpo;
- calo della vista in corrispondenza del lato interessato;
- difficoltà nell’articolazione delle parole;
- vertigini, vomito e perdita di coscienza;
- mal di testa intenso e improvviso.
Qualora sospettassimo un episodio ictale, potremmo chiedere alla persona di sorridere o sollevare entrambe le braccia davanti a sé, tenendo gli occhi chiusi. L’ictus renderebbe visibile un’eventuale paralisi di un lato del viso o di uno degli arti.
Così come i sintomi, anche le conseguenze di un ictus dipendono dall’area cerebrale in cui questo è avvenuto: potrebbero presentarsi difficoltà nel movimento, paralisi unilaterale, ma anche deficit di linguaggio o di pensiero.
Com’è noto, si tratta di un episodio di gravità non indifferente, che può avere ripercussioni anche permanenti.
Tuttavia, un’adeguata riabilitazione d’equipe, che preveda il lavoro di fisioterapisti, fisiatri e logopedisti, può ripristinare le funzioni deficitarie e garantire una migliore qualità di vita.
Gli aspetti emozionali legati all’accaduto, le paure, la rappresentazione di sé stessi e della propria condizione sono fattori che possono condizionare negativamente il recupero funzionale durante la riabilitazione. In alcuni casi la preoccupazione per i propri cari, il timore di dipendere da loro, la sensazione traumatica di essere stati colpiti in maniera così feroce da un evento improvviso possono innescare sentimenti depressivi.
Le componenti psicologiche legate alla malattia vengono spesso sottovalutate: considerando invece il loro peso sul decorso e sulla motivazione alla riabilitazione, si rende necessaria una valutazione di questi aspetti, soprattutto se pensiamo alla correlazione che esiste tra le patologie depressive o ansiose e quelle cardiovascolari.
Bibliografia:
https://www.gruppoclinico.it/le-conseguenze-psicologiche-di-infarto-e-ictus/
https://siia.it/per-il-pubblico/lictus/che-cose-lictus/?doing_wp_cron=1673988595.8838078975677490234375
Articolo a cura della Dott.a Sabrina Di Pumpo
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
sabrina.dipumpo@libero.it