
Nella società odierna, l’autonomia di ciascun cittadino adulto si caratterizza per il possesso di un autoveicolo e la capacità di guidarlo. L’espandersi di tali mezzi di trasporto fra i cittadini, innesca un dibattito sul giudizio di idoneità dei profili dei conducenti di un automezzo. Come valutare l’idoneità alla guida di coloro che soffrono di demenze?
La capacità di guida rientra fra le “competenze di alto livello”, quindi necessita di una simultanea attivazione di più funzioni intellettive, come l’attenzione selettiva nel direzionarsi verso stimoli rilevanti, la reattività nel rispondere alle diverse variazioni che provengono dall’ambiente e la capacità di previsione del pericolo (Adler et al., 2006). Di conseguenza, avere una guida sicura include la possibilità di svolgere movimenti abituali, che nel tempo hanno assunto il carattere di automatismi, ma contemporaneamente, richiede prontezza nel rispondere ai cambiamenti repentini proposti dall’ambiente circostante. Nel caso delle demenze, come accorgersi del mutamento di tali capacità? Attraverso le seguenti osservazioni:
– il conducente, alla guida del veicolo, è spesso agitato e insicuro nel traffico stradale;
– non trova la strada o ha bisogno che qualcuno gli dica come arrivare da un posto all’altro;
– sempre più spesso confonde la destra con la sinistra, passa col rosso o non dà la precedenza, svolta improvvisamente, non bada ai cartelli stradali, guida troppo velocemente o troppo lentamente, frena di colpo, confonde freno e acceleratore ecc.;
– i suoi tempi di reazione sono dilatati, va in confusione agli incroci o al semaforo;
– è vittima di piccoli incidenti, o accade che l’auto presenti delle piccole ammaccature.
Di conseguenza, dopo aver analizzato la situazione, comprendiamo come una diagnosi non sia da considerarsi immediatamente un caratteristica fondamentale per il ritiro della patente, è necessario un monitoraggio continuo per comprendere quale possa essere il momento più indicato.
Capita spesso che tale monitoraggio venga effettuato dagli specialisti, sulla base dell’utilizzo di diversi test di valutazione cognitiva globale, i quali, però, hanno scarsa sensibilità nel valutare l’idoneità alla guida di tali pazienti. La letteratura ci insegna che, a questo punto, è meglio focalizzare la propria attenzione su quelli che sono gli errori più frequenti che le persone con demenza commettono alla guida, individuando le funzioni cognitive ad essi connesse.
A seguito di diversi studi tesi al confronto della guida di anziani con demenza e anziani sani, è stato possibile ricondurre gli errori commessi dalle persone con patologia, al deterioramento di due domini cognitivi: le abilità visuo-spaziali e l’attenzione. I deficit attentivi e visuo-spaziali sono da considerarsi fattori predittivi degli errori commessi alla guida in anziani con demenza, quindi per un’esaustiva valutazione cognitiva dell’idoneità alla guida sarà necessaria la costruzione di protocolli neuropsicologici che indaghino tali domini cognitivi e non si fermino a punteggi globali poco indicativi. Questo modus operandi garantisce sicurezza per il paziente e per gli altri, concedendo una parziale serenità anche alla famiglia. A seguito del recesso dalla guida, si potrebbe pensare di concordare con il paziente modalità di trasporto alternative, come ad esempio i mezzi pubblici. In Italia ciò risulta complicato, poiché quando le persone con deterioramento cognitivo sono costrette a rinunciare alla guida, nella maggior parte dei casi iniziano a dipendere dai propri parenti, poiché non c’è ancora una mentalità di pianificazione di un’urbanistica che consenta alle persone con deficit fisici e/o cognitivi, di muoversi in autonomia. L’importanza dell’autonomia e l’inclusione delle persone con demenza dovrebbe investire non solo i professionisti che operano in questo campo, ma anche la comunità tutta, l’opinione pubblica e chi non affronta quotidianamente tali difficoltà.
Tra le conseguenze psicologiche che spesso seguono il ritiro della patente di guida, può esserci la genesi di una sintomatologia depressiva, poiché la scomparsa di alcune competenze, sfocia in un incremento della dipendenza dagli altri, quindi una diminuzione dell’autostima e del senso di autoefficacia, che possono comportare una negazione della propria difficoltà alla guida, non riconoscendo il reale pericolo. A questo punto, quando si comunica il giudizio circa l’idoneità alla guida al paziente interessato, sarebbe meglio spiegare, in maniera esaustiva, le motivazioni che hanno condotto ad esprimere un giudizio negativo, poiché solo in questo modo si può favorire nel paziente l’accettazione di tale decisione.
In conclusione, dopo aver compreso quanto prendere la decisione di ritirare la patente al paziente risulti per i professionisti un momento complicato, si ritiene necessaria un’adeguata sensibilità al fine di gestire tale fase di transizione, affinché un momento come questo, vissuto come un’importante limitazione, possa mutare forma, assumendo i caratteri di una possibilità di cambiamento di stile di vita per la persona con demenza e di gestione diversificata delle risorse presenti, alleviando parzialmente il carico emotivo e assistenziale al quale i caregivers sono quotidianamente sottoposti.
Fonti:
https://www.stateofmind.it/2017/02/anziani-alla-guida-rischi-ritiro-patente/
https://www.alzheimer-riese.it/contributi-dal-mondo/esperienze-e-opinioni/546-quando-decidere-di-fare-smettere-di-guidare-il-paziente-di-alzheimer
https://www.alzheimerschweiz.ch/fileadmin/dam/Alzheimer_Schweiz/Dokumente/Publikationen-Produkte/163-20I_2020_Guida-e-demenza.pdf
A cura della Dott.ssa Bovalino Valeria
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
bovalinovaleria@gmail.com