“I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo.
Tutto ciò che io conosco è ciò per cui ho delle parole.”
Ludwig Wittgenstein
Quando si parla di disordini neurologici, il linguaggio rappresenta sempre un dominio particolarmente vulnerabile. Solitamente, quando l’elaborazione linguistica è alterata segue la diagnosi di afasia. Tuttavia, coinvolgendo tale dominio,possono essere presenti numerose malattie neurodegenerative, di cui le demenze rappresentano chiaramente un esempio tipico.
Gli studi indirizzati alla comprensione dei quadri clinici dementigeni, evidenziano la presenza di forme degenerative atipiche, con assenza di un esordio amnesico focale e presenza di deterioramento linguistico, visivo e visuo-spaziale.Uno dei quadri clinici appartenenti a queste forme atipiche di deterioramento cognitivo, viene riconosciuto da Mesulam nel 2001 e prende il nome di afasia progressiva primaria – APP (dall’inglese Primary Progressive Aphasia – PPA). Essa rappresenta un’alterazione di una funzione cognitiva con assenza di demenza. Il decadimento è infatti da ricercarsi fra le competenze linguistiche.
I campanelli d’allarme da tenere sotto controllo per individuare l’esordio di tale quadro clinico, sono da ricercarsi nella presenza di anomie (l’oggetto viene riconosciuto ma si perde la capacità di denominarlo), errori fonologici, difficoltà nell’eloquio e nella comprensione di parole/frasi complesse.
Nel procedere con la diagnosi, in fase iniziale il sintomo predominante è l’afasia, solo successivamente anche le altre funzioni cognitive potrebbero deteriorarsi; sulla base delle competenze linguistiche compromesse, si individuano tre diverse varianti dell’afasia progressiva primaria: una definita non-fluente-agrammatica, una semantica e unalogopenica.
L’insieme dei deficit fin qui descritti richiama alla mente anche un'altra malattia neurodegenerativa caratterizzata da un’alterazione progressiva dell’eloquio: l’Alzheimer. Anche in questo caso, infatti, il paziente tende a farfugliare, balbettare, usare parole errate e in ultima analisi, perdere la capacità di pronunciare frasi formalmente corrette. A questo punto sorge spontanea la domanda: i meccanismi che sottendono tali deficit linguistici, sono i medesimi nei due disturbi descritti?
A tal proposito uno studio condotto su 68 pazienti con variante semantica della PPA e 415 con Alzheimer, risponde a tale interrogativo, dimostrando, sulla base dei punteggi ottenuti, che i primi riescono meglio nelle prove di apprendimento verbale, memoria visiva (memoria sensoriale che si forma sulla base delle informazioni che provengono dal canale visivo), conoscenze semantiche(conoscenze generali sul mondo, per esempio il costo di un oggetto o la capitale d’Italia).Ciò che pare influenzare il recupero verbale nei pazienti con Alzheimer pare essere il sesso, l’età, la memoria episodica visiva (memoria visiva basata su esperienze di vita personali); nei pazienti con PPA invece sono le conoscenze semantiche ad influenzare le prove.
Questo studio ci permette di concludere che la memoria ed il lessico sono costrutti strettamente connessi fra loro, i quali si deteriorano in maniera differente sulla base della malattia neurodegenerativa d’interesse, nonostante in apparenza possano risultare simili. L’informazione in questo senso è fondamentale affinché si creino le condizioni per programmare trattamenti terapeutici opportuni e finalizzati alla cura del singolo, alle sue necessità, tenendo conto delle proprie capacità residue.
Bibliografia:
-https://www.stateofmind.it/2018/05/afasia-progressiva-primaria-demenze/
-https://www.trainingcognitivo.it/la-memoria-episodica-verbale-nelle-malattie-neurodegenerative-afasia-primaria-progressiva-vs-alzheimer/
-https://www.itineraanziano.it/post/afasie-progressive-primarie-quando-nella-demenza-le-difficolt%C3%A0-principali-sono-di-tipo-linguistico
A cura della Dott.ssa Bovalino Valeria
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
bovalinovaleria@gmail.com