
“E' più malvagio togliere la vita
a chi vuole vivere,
o negare la morte a chi vuole morire?”
JO NESBØ
Ai tempi dell'Antica Grecia e dell'Antica Roma ciascun uomo era libero di prendere decisioni per la propria vita ed inoltre, era legittimo esaudire le richieste di una persona intenzionata a morire. L’uomo moderno, invece, si ritrova, talvolta, ad essere incatenato alla vita, vittima di un sistema ospedaliero che vede nella morte una sfida. E in questa sfida, l’uomo è il prigioniero; prigioniero di un corpo che non funziona e non funzionerà più, prigioniero di una mente priva di raziocinio. Uomini, donne e anziani che sopravvivono in letti di ospedali, che si aggrappano alla fede, a qualsiasi briciolo di speranza, a cui viene negato il diritto di poter scegliere: continuare a vivere o morire? Tale diritto viene negato dalle leggi che, in diversi Stati, negano la pratica dell’eutanasia. Dunque, il termine eutanasia deriva dal greco eu = bene e thanatos = morte, la buona morte; tale termine fa riferimento all'azione di mettere fine alla vita di una persona in gravi condizioni di salute, con il fine di alleggerire la sofferenze. L’idea in merito al concetto di eutanasia ha subito una trasformazione con l'arrivo del Cristianesimo; secondo la religione, infatti, l’uomo è stato creato ad immagine di Dio per cui va rispettato nella sua interezza, dal principio, ossia dal concepimento, sino alla fine con la morte naturale. Con la secolarizzazione del pensiero si è verificato un cambiamento nel concetto di esistenza, che non protende più verso il sacro ma verso la nozione di “qualità della vita”. Infatti, al giorno d’oggi, le argomentazioni a favore dell’eutanasia si appellano proprio a tale nozione sostenendo che la sofferenza, sia fisica che psicologica, che comporta una malattia terminale, compromette proprio tale qualità. Viceversa, le argomentazioni che non sostengono la pratica dell’eutanasia, oltre a quella religiosa sopracitata, sono quelle etiche-deontologiche stabilite dai professionisti che vietano esplicitamente il ricorso a tale pratica asserendo che ogni medico ha l’obbligo di preservare la vita umana. Inoltre, la regolarizzazione dell’eutanasia implica una riduzione delle spese ai fini di ricerca per le cure mediche contro alcune malattie attualmente incurabili. Dunque, secondo la legislazione del nostro Paese, con l'articolo 579 del Codice penale, l’eutanasia è considerata reato. Secondo tale articolo: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:
• Contro una persona minore degli anni diciotto;
• Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
• Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.
Varie sono le associazioni che perseverano nel sensibilizzare l’opinione pubblica e per la legalizzazione di tale pratica. Nel 2013 infatti alcune di esse hanno proposto una raccolta firme per la legalizzazione dell’eutanasia depositata alla Camera dei deputati con oltre 67000 firme; tale proposta di legge è ancora in attesa di una decisione da parte del Parlamento italiano. Attualmente è stato indetto un referendum per abrogare alcuni punti dell’articolo 579 del Codice penale che prevede una raccolta firme dal 1 luglio fino al 30 settembre; questo referendum prevede che l’eutanasia attiva (quando la morte di un soggetto gravemente malato avviene attraverso l’iniezione di sedativi) verrà concessa nelle forme previste dalla legge mediante consenso informato e testamento biologico, ossia, un documento che attesti la scelta di un individuo, qualora soffrisse di una grave condizione di salute, fornendo indicazioni sui trattamenti sanitari a cui vorrà o meno sottoporsi. È bene precisare che, secondo la legge, verrà punito chi utilizzerà l’eutanasia nei confronti di una persona il cui consenso sia stato “estorto con minaccia, violenza o nei confronti di minori”. Ciò che viene messo in atto al di fuori dell’ordinamento legislativo è considerato come reato di omicidio doloso (art. 575 cp).
Pertanto, sarebbe necessario che tutti riflettessimo e che firmare il suddetto referendum non significa mettere in pratica l’eutanasia in modo scorretto ma significa dare la libertà di decidere a ciascun uomo se e quando usare tale pratica, perché al mondo ci sono persone che chiedono consapevolmente di “essere lasciate andare” e di porre fine alla loro sofferenza.
Fonti:
- Sandro Spinsanti, Francesca Petrelli (2003) “Scelte etiche ed eutanasia”
- Ferrari, G. (2020). Codice penale HOEPLI EDITORE.
Articolo a cura della dott.ssa Perla Angilletta
Laureata in Psicologia dei gruppi, delle comunità e delle organizzazioni
perlaangilletta@gmail.com