
“Noi oggi sappiamo che è importante la biologia, ma lo sono al contempo anche le esperienze vissute da ciascun individuo, a partire dai traumi dell'infanzia, rimossi e sepolti nella memoria, nell'inconscio, diceva Freud, ma comunque attivi e capaci di condizionare il nostro agire”.
Vittorino Andreoli, Il denaro in testa, 2011
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) è un disturbo psicologico che può manifestarsi come conseguenza di eventi altamente stressanti e traumatici.
L’idea che eventi angosciosi e violenti potessero ricoprire un ruolo significativo nella sfera psichica individuale non è recente: le reazioni post-belliche dei soldati venivano osservate e riportate già in innumerevoli testi mitologici e letterari, come ad esempio gli scritti omerici.
A partire dal diciannovesimo secolo si sono susseguite diverse terminologie per riferirsi alle reazioni post-traumatiche, che ci hanno provvisto indizi su come questi sintomi venivano osservati. Ciò che maggiormente veniva osservato nei veterani nel post Guerra Civile americana, ad esempio, erano sintomi di dolore al petto, affaticamento, mancanza di respiro e palpitazioni cardiache non meglio giustificati da sindromi organiche e/o problemi fisici. È proprio durante questo periodo che vengono coniati termini come “Il cuore del soldato” per descrivere queste sindromi dall’origine sconosciuta. In seguito, durante la Prima Guerra Mondiale, venne usato il termine “Shell Shock” per riferirsi ad una costellazione di sintomi neurologici come vertigini, tremore, paraplegia, acufene, amnesia, debolezza, mal di testa e mutismo di origine psicosomatica, il tutto senza evidenti lesioni fisiche. Molti medici conclusero che l'intensità dei bombardamenti, la vista costante dei compagni morti e l'incertezza di riuscire a sopravvivere alla terribile condizione bellica, dovevano aver contribuito alle reazioni di questi soldati. Tuttavia, diversi medici rifiutarono di vedere la sindrome “Shell Shock” sotto questo punto di vista psicologico, credendo piuttosto in lesioni cerebrali nascoste, o ancora sospettando avvelenamento da monossido di carbonio. Alcuni di loro accusarono persino i soldati di aver cercato di evitare il loro dovere militare. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale la terminologia più usata era quella di “Combat Fatigue”, poiché credenza diffusa era quella che le reazioni al post guerra fossero conseguenza di una lunga esposizione allo stress e ad una fatica estrema.
Oggi il DPTS è molto conosciuto e studiato, poiché porta con se diverse conseguenze e sintomi che possono essere un impedimento per le azioni di vita quotidiana, come ad esempio il costante stato di allarme, disturbi del sonno o umore irritabile. È proprio per questo che l’intervento di un professionista risulta essere di fondamentale importanza. Le tecniche utilizzate per il trattamento di questo disturbo sono molto varie, anche molto diverse tra loro: si spazia dalla psicoterapia analitica che va a lavorare con le parti inconsce dell’individuo e con le cause di origine, alla terapia cognitivo-comportamentale, che va invece a lavorare direttamente sui sintomi e sulla correzione degli stessi.
Fonti:
- BARNES, J. K. (1870). Medical and surgical history of the war of rebellion, 1861-1865. Washington, DC: Government Printing Office;
- FRUEH, C., GRUBAUGH, A., ELHAI, J. D., & FORD, J. D. (2012). Assessment and treatment planning for PTSD. John Wiley&Sons;
- PEDROSO, J. L., LINDEN, S. C., BARSOTTINI, O. G., MARANHAO FILHO, P., & LEES, A. J. (2017). The relationship between the First World War and neurology: 100 years of “Shell Shock”. Arquivos de Neuro-Psiquiatria, 75(5), 317-319.
Articolo a cura della Dott.ssa Ottavia Fasciano
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
ottaviafasciano@gmail.com