
“Noi non siamo il futuro ma il presente.”
Emma Ruzzon
Da più di un decennio ormai si sente parlare di crisi economico-finanziaria e precarietà lavorativa. Contemporaneamente siamo vittime di un’istituzione che ci obbliga al perfezionismo, che sin da bambini ci nutre di un’ottica in cui l’impegno, lo sforzo, la determinazione, sono attitudini fondamentali per ottenere successo e soddisfazione. Questo comporta scelte di vita indotte, precoci, basate su un’ottica imposta e non maturata, che a lungo andare logorano la mente perché genitrici di frustrazione e impotenza.
I giovani dunque, sono le vittime predestinate della salute mentale del nostro paese, mentre gli adulti sembrano non accorgersene: la scarsità di fondi stanziati per la salute mentale, giovani lavoratori che dovrebbero essere grati perl’opportunità di essere sfruttati perché “è così che si fa esperienza”, senatori della repubblica che si concedono pubblicamente un fragoroso applauso dopo aver affossato un disegno di legge a favore della tutela della libertà del cittadino, sono alcuni degli esempi che permettono di concludere quanto il nostro paese sia vecchio.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità il suicidio tra giovani la cui età si colloca fra i 15 e i 29 anni, è ricorrente. Il dilagare del precariato, la temporaneità delle esperienze, l’instabilità, la mancanza di prospettive, l’incertezza socio-economica, sono tutti fattori che incrementano la paura per il futuro, l’infondatezza delle basi sulle quali poggiare la propria identità.Scegliere l’atto estremo di togliersi la vita, di rinunciare ad essa, fa riflettere su quanto sia più spaventoso continuare a viverla. Dal punto di vista psicologico il lavoro è fondamentale: permette l’autoaffermazione, l’autonomia economica, la realizzazione dei propri sogni e la soddisfazione dei propri bisogni. È fonte d’autostima, aumenta la percezione di autoefficacia. Di conseguenza il dilagarsi di una crisi economico-finanziaria è direttamente proporzionale all’imperare di una crisi d’identità.Si teme di non farcela, di non riuscire ad esprimersi, deludere le proprie aspettative e quelle altrui, soprattutto quelle genitoriali che non sempre sono sensibili alle difficoltà delle nuove generazioni. Ognuno porta sulle spalle il proprio fardello, convinto che chiunque ad eccezione di sé stesso, riesca a proseguire e realizzarsi. Ci si sente vittime di un paese che invece di premiare la meritocrazia, si preoccupa di non far precipitare chi ha già un paracadute da aprire nei casi di necessità.
Sappiamo quanto lo stress sia logorante, è per questo motivo che il problema non è soltanto circoscritto all’aumento del tasso suicidario, ma si estende lungo una quotidianità fatta di demoralizzazione, ansia, preoccupazione, depressione. Ne consegue un vissuto personale pesante, che grava sullo stato di salute generale. Ecco che si arriva ad essere stanchi di lottare ad armi dispari e la morte diviene l’unica arma “vincente”. Si tratta di giovani vittime di un lungo processo costituito dalla somma di innumerevoli fattori che scoraggiano dall’idea di lottare per il proprio futuro. Scompare la fiducia nelle proprie capacità, ci si sente schiacciati dal peso di una grande consapevolezza: coltivare un futuro in un terreno malfermo e vacillante, incerto.
Vorrei concludere riportando una piccola parte del discorso tenuto il 19 maggio 2022 da Emma Ruzzon, presidente del consiglio degli studenti e delle studentesse dell’Università di Padova, in occasione della cerimonia per l’inaugurazione dell’800° anno accademico: “Ci viene insegnato, e aspetto volentieri correzioni se dico il falso, che studiamo per poter lavorare e non per accrescere la nostra cultura. […] Ci dicono che le opportunità ci sono, che è il merito quello che conta. Sono desolata, ma temo sia un’affermazione che non trova riscontro nella realtà. Non se accanto ad articoli di giornale che lodano chi consegue egregi risultati, nella pagina affianco riportano storie di studenti e studentesse che durante il loro percorso di studi compiono il gesto estremo, scelgono volontariamente la morte. Ci sono incongruenze che non possiamo sottovalutare. Quanta importanza viene attribuita ai numeri, ai posizionamenti, ai punteggi statistici, e quanta invece al benessere psicologico delle persone che vivono in questi spazi? La risposta è scontata se questo, il benessere psicologico, è ancora privilegio, di nuovo, dei pochi che se lo possono permettere. La salute psicologica, va considerata al pari della salute fisica.[…] Ecco se ora, finalmente, voleste chiedere a noi, alla mia generazione, come stiamo, cosa pensiamo, credo che difficilmente potremmo rispondere che ci sentiamo una generazione libera, quantomeno di poter immaginare il futuro.”
Fonti:https://www.agi.it/blogitalia/scienza/perch_la_crisi_uccide_i_giovani_quando_linstabilit_mina_il_futuro-1465424/news/2017-02-08/https://gazzettadelsud.it/video/cronaca/2022/05/19/padova-studentessa-alle-autorita-e-libero-uno-stato-che-affossa-il-ddl-zan-f5173f06-8567-4795-83c6-73844961f5d1/https://www.dire.it/07-09-2019/365100-il-suicidio-e-la-seconda-causa-di-morte-tra-i-giovani/
A cura della Dott.ssa Valeria Bovalino
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
bovalinovaleria@gmail.com