
<<Questa "propriocezione" è come se fosse gli occhi del corpo, il modo in cui il corpo vede sé >>
Oliver Sacks
Il corpo è il mezzo attraverso il quale gli esseri viventi interagiscono con l’ambiente esterno ed acquisiscono informazioni. Quando parliamo di rappresentazione corporea dobbiamo obbligatoriamente fare riferimento a due costrutti fondamentali: l’immagine corporea e lo schema corporeo. Per molti ricercatori, come Schilder, “lo schema corporeo è l’immagine inconscia tridimensionale che ciascuno ha di sé”. Al contrario, l’immagine corporea è la rappresentazione cosciente del nostro corpo, cioè il modo in cui ci appare, il mondo in cui lo sperimentiamo. Per tutti questi motivi, questi due costrutti e la rappresentazione corporea hanno incuriosito psicologi e neuropsicologi già dalla fine dell’Ottocento. Il nostro corpo è rappresentato all’interno del sistema nervoso centrale (SNC), e per rappresentazione cerebrale del corpo si intende l’insieme delle funzioni e dei circuiti cerebrali utili ed implicati per la percezione della posizione degli arti e della postura del corpo nello spazio, per la localizzazione di stimoli cutanei e per la coscienza del proprio corpo (Papagno & Vallar, 2011). Il tema della rappresentazione corporea costituisce senza alcun dubbio uno dei punti maggiormente studiati e di grande riflessione sia in campo filosofico, psicologico e neurologico. È un concetto articolato e complesso che ha sempre affascinato numerosi studiosi, tra i quali Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, il quale sosteneva che <<L’io è innanzitutto un io corporeo >> (Freud, 1922). Ambroise Parè, chirurgo militare francese del XVI secolo, sembra essere stato il primo medico a porre interesse scientifico per quelle che verranno successivamente chiamate rappresentazioni corporee. Egli notò e riuscì a comprendere per primo, affrontando casi di soldati che riportavano delle amputazioni, l’insorgenza di alcune manifestazioni particolarmente anomale che riguardavano la zona dell’arto amputato, delineando alcuni sintomi che sarebbero poi stati associati ad una sindrome specifica, quella dell’arto fantasma (Hoeber, 1921). Queste sensazioni sperimentate dai pazienti amputati, che sono assolutamente normali ed altresì funzionali, sono la dimostrazione più evidente dell’esistenza di uno schema corporeo e quindi del modo in cui elaboriamo un modello corporeo. Difatti, la conoscenza e la sensazione di conoscenza esatta della posizione del nostro corpo e dei nostri arti nello spazio circostante sono di fondamentale importanza per la vita dell’uomo e dovrebbe rappresentare una certezza inamovibile. Come detto precedentemente, queste rappresentazioni corporee si collegano a due componenti fondamentali che vanno a formare queste raffigurazioni, ossia lo schema corporeo (body schema) e l’immagine corporea (body image). I suddetti costrutti sono stati oggetto di molte controversie; difatti fino alla metà del secolo scorso era presente un’enorme confusione concettuale fra questi, tanto che le due espressioni assumevano lo stesso significato a seconda dei diversi autori e dei loro lavori. Tale intercambiabilità ha avuto come conseguenza una serie di problemi teorici che hanno dato origine a numerose problematiche e difficoltà sperimentali. Partendo dagli albori, il concetto di schema corporeo compare all’interno della neurologia classica grazie a Bonnier (1861-1918), all’inizio del secolo scorso, considerato il precursore della distinzione tra schema ed immagine corporea. Egli utilizza lo schema corporeo per contraddistinguere il senso dello spazio e l’orientamento percepito soggettivamente rispetto all’ambiente esterno. Questo concetto di fondamentale importanza ci chiarisce come tutti gli esseri viventi siano in grado di muoversi nello spazio con una facilità più o meno grande grazie al fatto che posseggono una mappa della posizione del proprio corpo rispetto allo spazio e dei segmenti corporei che ricoprono una determina porzione di spazio nel mondo esterno. La capacità di localizzare le proprie parti del corpo nello spazio, gli stimoli esterni e il rapporto tra stimoli e corpo al fine di organizzare il movimento e l’azione, rappresenta una capacità fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo e si concretizza nella capacità di percepire il proprio corpo come unità, unità che occupa un determinato posto nello spazio. In tal modo, questo senso di proprietà ci offre la possibilità di poter orientare e localizzare i diversi segmenti del corpo, come se fosse un vero e proprio sistema di coordinate.
Bibliografia:
Hober, P. B. (1921). Life and times of Ambrosise Pare [1510-1590. With a New Translationof his Apology and an Account of his journeys in Divers Places. By Francis R.Packard, M. D. New York: P. B. Hoeber.
Freud, S. (1922). L’Io e l’Es. V ed. (1985), Torino: Bollati Boringhieri. DOI:9788833904795.
Vallar, G., Rode, G. (2009). Commentary on Bonnier P. L’aschématie. Rev Neurol (Paris)1905; 13:605-9; Epilepsy & Behavior; 16 (3): 397-400. DOI:10.1016/j.yebeh.2009.09.001.
Articolo a cura del dott. Francesco Cataldo
Laureato in Psicologia clinica e della salute
francescocataldopsy@gmail.com