
La riserva cognitiva è la capacità del cervello di adattarsi e di compensare i cambiamenti che si sviluppano dopo gravi lesioni (traumi cranici) o dopo l’insorgimento di malattie neurodegenerative (demenze).
Si riferisce a una fonte di riserva che il cervello ha a disposizione per cercare di mantenere le sue funzioni, nonostante gli ostacoli. La caratteristica principale di questo concetto è che il cervello riesce a costruire percorsi e reti neurali su cui fare affidamento.
Diverse attività possono portare allo sviluppo di riserva cognitiva e al rallentamento di una potenziale manifestazione di sintomi relativi al deterioramento cognitivo. Tra queste attività troviamo: attività fisica, attività artigianali (lavorare l’uncinetto), livelli di istruzione di ordine superiore, lettura, status socioeconomico e il bilinguismo/multilinguismo.
Il bilinguismo si riferisce all’uso di due o più lingue nella vita quotidiana. Alcuni studi hanno dimostrato che, durante l’esecuzione di compiti che richiedono controllo esecutivo o attenzione selettiva (come il Test di Stroop), le persone bilingue tendono ad avere prestazioni migliori dei monolingue.
Parlare due o più lingue implica il constante utilizzo delle funzioni esecutive e attentive, così da coordinare il linguaggio e riuscire a esprimere concetti e mantenere discorsi senza fare errori. Il costante utilizzo di queste funzioni comporta dei cambiamenti a livello strutturale come, ad esempio, un aumento della materia grigia in alcune aree cerebrali; la corteccia cingolata anteriore, la circonvoluzione frontale inferiore, il caudato e il putamen. Il bilinguismo può avere anche effetti positivi nell’integrità della materia bianca.
Questi cambiamenti nella materia grigia e bianca rappresentano uno dei due meccanismi cerebrali responsabili degli effetti neuroprotettivi del bilinguismo nell’invecchiamento; la riserva neurale, cioè l’aumento della plasticità cerebrale che rende il cervello più resistente all’atrofia cerebrale.
L’altro meccanismo è quello della compensazione neurale, in questo caso il funzionamento cognitivo si mantiene anche nella presenza di atrofia cerebrale, grazie all’utilizzo di reti neurali alternative. Il bilinguismo è associato a una connettività funzionale più forte, grazie al fatto che il carico cognitivo sulle funzioni esecutive è maggiore. Questo può portare il cervello ad affrontare e compensare in modo migliore la perdita di cellule e neuroni, che è una delle conseguenze principali delle malattie neurodegenerative.
Uno studio di Perani et al. (2017) ha prodotto risultati che dimostrano che le persone bilingue sembrano essere in grado di resistere agli effetti del deterioramento cerebrale senza mostrare segni di demenza per diversi anni in più rispetto alle persone monolingue. Questo rappresenta uno dei benefici più importanti del bilinguismo, la manifestazione dei sintomi di demenza più tardi rispetto a individui monolingue, in media cinque anni più tardi.
Questo non vuol dire che il bilinguismo rappresenti un fattore protettivo contro l’incidenza della malattia, bensì un fattore protettivo contro l’insorgenza della malattia in un’età più precoce. È anche importante tenere in considerazione che la ricerca ha dimostrato che le persone bilingue hanno una maggiore probabilità di avere la malattia di Alzheimer non diagnosticata, perché la loro riserva cognitiva va a mascherare i sintomi iniziali.
La “Scaffolding Theory of Aging and Cognition” è una teoria di particolare interesse per questo argomento. Secondo questa teoria, il livello di funzionamento cognitivo è determinato da diversi fattori: invecchiamento biologico, fattori genetici ed esperienze di vita. L’interazione fra i fattori genetici e le esperienze di vita va a migliorare aspetti della struttura cerebrale ma anche ad aumentare la capacità di “scaffolding” o impalcatura del cervello che funziona come metodo compensativo davanti alle difficoltà.
La riserva cognitiva può essere calcolata quantitativamente attraverso il CRIq (Cognitive Reserve Index Questionnaire). Questo questionario raccoglie e stima la quantità di riserva cognitiva acquisita da una persona nel corso della vita. Si prendono in considerazione diversi fattori come:
- Età.
- Formazione scolastica e accademica.
- Attività lavorative svolte.
- Attività svolte durante il tempo libero.
Articolo a cura della Dott.ssa Sara Muselli
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche
FONTI
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