Italia, 17 Aprile 2020. Chi fa colazione ascoltando il notiziario, chi si dedica alle pulizie della casa, chi cerca distrazioni nella musica, nella lettura o dilettandosi nella preparazione di ottimi cibi. Ognuno di noi, da quando l’OMS ha dichiarato ufficialmente lo stato di pandemia mondiale, si trova in una condizione di isolamento semi-forzato, sentendosi, chi più chi meno, costretto a vivere nella propria abitazione, rispettando numerose restrizioni e cercando il più possibile di non commettere errori.
Ci dicono cosa dobbiamo fare e come trascorrere le nostre giornate al meglio, al fine di fornire supporto psicologico e ridurre al minimo le tensioni, le paure, le ansie che inevitabilmente, dopo più di un mese di rest
rizioni, spingono per venire a galla. Tutto questo ci ha travolti in poco tempo, rendendo il tutto quasi surreale, allontanando ogni progetto futuro o affievolendo le speranze di chi era in attesa di notizie positive.
Eppure, nonostante questo alone di negatività, siamo nelle nostre case, con la nostra famiglia o in compagnia di qualcuno che ci dà conforto, pensando a cosa faremo quando tutto sarà finito. Al contrario, c’è chi non può permettersi di tornare a casa, chi non può essere accolto dall’abbraccio caloroso della propria famiglia, chi non può smettere di pensare al proprio dovere, alle vite da salvare, chi non può pensare al domani se non dopo aver cercato di sopravvivere nell’oggi. Loro sono i combattenti in prima linea: medici, clinici, infermieri, psicologi e altri operatori sanitari. Essi, più di altri, stanno subendo un livello significativamente crescente di stress ed esaurimento psicofisico. Ciascuno di loro, svolgendo ruoli e mansioni differenti, si trova quotidianamente a combattere un nemico invisibile, insidioso, mortale che mette a dura prova il SSN, aumentando il carico di lavoro e la tensione sul campo. In questo preciso contesto, si fa avanti sempre di più il rischio di un crollo psicologico, fisico ed emotivo, rendendo così tangibile la possibilità di burn-out. Il burn-out è “una sindrome derivante da stress cronico sul posto di lavoro, non adeguatamente gestito. È caratterizzato, in particolare, da una sensazione di impoverimento delle energie o esaurimento, un aumento della distanza mentale e di sentimenti negativi o cinici verso il lavoro e gli altri, una ridotta efficacia professionale” (ICD-11). Ciò può comportare alterazioni della memoria, della concentrazione e del comportamento, problemi somatici e sintomi di depressione e ansia, che potrebbero a loro volta spingere l’operatore sanitario ad attivare sistemi di compensazione dallo stress che includono comportamenti non salutari quali il consumo di tabacco, alcol o medicinali. La continua esposizione a situazioni ospedaliere critiche può determinare una cronicizzazione dello stato di tensione e pressione che può portare ad una sottostima della percezione del rischio e delle misure di protezione da adottare, spingendo così gli operatori sanitari a non prendere le giuste precauzioni. Ciò causa comportamenti non adeguati o insufficienti per garantire la sicurezza del lavoro che si sta svolgendo. Tutto questo ovviamente ha notevoli ricadute sulla gestione dell’emergenza causata dal virus, con il rischio di non riuscire a tenere saldi i confini che permettono di fare resistenza. Insomma, è importante tenere sotto controllo la situazione e il rischio di burn-out per varie ragioni: prima fra tutte la salute degli operatori sanitari, soprattutto quella mentale, che è fondamentale per essere lucidi sul campo, per non cedere alla stanchezza, per mantenere saldi i rapporti con i colleghi e lottare unanimemente contro il nemico. Arginare il rischio di crollo sul lavoro è necessario anche per la salute dei pazienti stessi: essere nelle mani di operatori stressati, tristi, immotivati, depressi, non è di certo un vantaggio in una situazione in cui non si può far altro che affidarsi esclusivamente alle loro cure e alla loro protezione. Infine, sostenere il personale sanitario in questa situazione diventa indispensabile anche per evitare conflitti nella vita privata del lavoratore stesso, che non farebbero altro che peggiorare la situazione di chi lotta tutti i giorni contro la morte. All’interno di questo alone di incertezze, paure, perdite diventa dunque rilevante l’importanza della tutela della salute degli operatori sanitari che ogni giorno sono costretti a fare turni di lavoro estenuanti e interminabili, con la paura di non essere degni del titolo di “eroi” che la popolazione gli ha attribuito, aumentando inconsapevolmente l’ansia di dover essere all’altezza delle aspettative. La possibilità di avere una giusta informazione circa i rischi del lavoro che stanno svolgendo (esempio del burn-out o del disturbo post-traumatico da stress) diventa allora fondamentale per avere maggiore consapevolezza delle emozioni che si stanno vivendo e soprattutto per capire che ci sono dei limiti intrinseci alla natura dell’uomo, per cui al di là di essi, bisogna lasciarsi andare con coraggio al sostegni di chi, come psicologi o psicoterapeuti, sanno dare il giusto contenimento al carico che si portano dietro quotidianamente.
Articolo a Cura della Dott.a Rosita Falce
Psicologa Clinica e della Salute
Per approfondire: C. Di Tecco, M. Ronchetti e colleghi (2020) Gestione dello stress e prevenzione del burnout negli operatori sanitari nell’emergenza Covid-19
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