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Dott.a Gelsomina Ferrrari

Le emozioni - tra forza e fragilità

Aggiornamento: 14 dic 2022

Come reagiamo nel momento in cui riconosciamo e diamo un nome alle emozioni che proviamo? Le emozioni, di cui spesso si parla, in particolar modo in riferimento alla distinzione tra emozioni primarie (ovvero emozioni universali come gioia, rabbia, paura, disgusto e tristezza) e secondarie (frutto della combinazione delle precedenti), sono la risposta a ciò che in un dato momento sta accadendo in noi e intorno a noi, hanno pertanto un forte valore adattativo.


Eppure dinanzi ad emozioni come la tristezza o la paura, considerandole negative, si potrebbe cadere nella tentazione di volerle eliminare, di combatterle o nasconderle.

Esse però non sono “nemiche” della felicità, e così facendo si rischia di cadere in quello che, secondo me, è un grande tranello ovvero pensare che la felicità e il benessere significa provare costantemente un sentimento positivo piuttosto che reagire positivamente alla realtà che ci troviamo ad affrontare in un dato momento, anche se spiacevole . Cosi come per la nostra salute fisica non possono essere ignorati i segnali che il nostro corpo ci manda, allo stesso modo non possono essere ignorati gli aspetti che emergono dalle nostre emozioni, che seppur spiacevoli, ci permettono di crescere, di avere consapevolezza di chi siamo e di che cosa vogliamo. L’autore che ha fatto riferimento alla distinzione tra emozioni primarie e secondarie oggetto di questa riflessione è stato Ekman (1967), egli osservando una popolazione della Nuova Papua Guinea ha constatato che pur non avendo subito le influenze della civilizzazione, la popolazione esprimeva le stesse emozioni delle popolazioni civilizzate e teorizzò l’universalità delle emozioni e proseguendo i suoi studi e le sue osservazioni elaborò la già citata distinzione. Ogni emozione esprime un vissuto importante ed ha valore, anche le emozioni considerate spiacevoli, ad esempio la tristezza permette di “guardarsi dentro” lasciando cadere, quell’immagine ideale costruita, ciò crea un vuoto che diventa terreno fertile per il cambiamento, per scoprire la forza dalla quale ripartire; la rabbia permette di tutelare se stesso, dando dei confini ovvero dando un direzione, una consapevolezza più chiara di cosa poter fare e dove fermarmi; la paura permette di conoscere la parte più fragile e più profonda di noi stessi (il nostro bambino interno). Vorrei condividere un estratto del libro “ Le streghe vanno a letto presto” di Carla Babudri in cui a parlare è l’ansia “ per questo motivo sono qui, per aiutarti a recuperare quella pienezza che vive dentro di te […] Sono qui per aiutarti a capire cosa esattamente impedisce alla tua vita, alla tua passione di vivere la gioia.” Saper riconoscere e “stare” anche in queste emozioni, nelle quali più facilmente emerge la nostra fragilità, è importante per conoscere noi stessi in tutta la nostra integrità e bellezza e può rappresentare una chiave di lettura per trasformare queste fragilità in forza. Mi viene in mente il film d’animazione Inside Out in particolar modo il momento in cui gioia capisce che c’è bisogno anche delle altre emozioni per permettere alla bambina di esprimersi, crescere e per essere realmente felice Concludo con una frase di Roberto Benigni: “Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scompartimenti della vostra anima […]. Vedrete che esce fuori. C’è la felicità."


Articolo a cura di

Dott.a Gelsomina Ferrari

Psicologa Cognitiva

Bibliografia e Filmografia: Carla Babudri Le streghe vanno a letto presto (2018) Inside Out (2015) Roberto Benigni I 10 comandamenti

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