"Al mondo non c’è niente di più incomprensibile dei volti, o meglio, di certi volti: un insieme di tratti e di sguardi che d’improvviso diventano la sola realtà, l’enigma più importante dell’universo, che si guarda con sete e con fame, come se vi fosse inciso un messaggio supremo." (AmélieNothomb)
Noi occidentali, non siamo mai stati abituati a coprire il nostro volto, a dispetto del mondo orientale. Infatti, immagini ormai lontane di telegiornali, mi ricordano come le mascherine siano state sempre di uso quotidiano nei paesi come la Cina, a causa del grande smog presente. Allo scoppiare della pandemia, proprio il popolo cinese, insieme alle più grandi istituzioni, ci consigliò vivamente di utilizzare la mascherina,la quale oggi ci protegge dal virus ancora in attivo. Così siamo dovuti passare improvvisamente da una modalità “Total-face” ad un'altra...la “Mask-face”. Non eravamo pronti ad un cambiamento del genere, tanto che, alla fine del lock-down, quando incontravamo per strada qualcuno di “famigliare”,dai soli occhi, non riuscivamo più a riconoscerlo. Siamo stati presi dallo sconcerto e dal dubbio amletico se la persona incrociata sul nostro cammino era proprio lui o lei. Improvvisamente eravamo diventati tutti affetti da prosopagnosia, il disturbo, appunto, di chi non riesce a riconoscere i volti noti. L'aria del nostro cervello chiamata al riconoscimento dei volti è il giro fusiforme; essa si attiva maggiormente quando vediamo volti completi e meno quando osserviamo parti di viso. Ora che sono passati alcuni mesi dall'inizio dell'uso della mascherina, sembriamo più capaci di riconoscere i volti altrui...quasi come se la nostra percezione fosse diventata abile ad interpretare i tratti del viso, come se la mascherina non si indossasse.
Dunque mi sorge una riflessione...che il nostro giro fusiforme si sia adattato nel tempo e sia riuscito a compensare le informazioni mancanti al fine di esserci di aiuto? Ancora non possiamo saperlo ma ciò che invece sappiamo, è che il nostro cervello è dotato di plasticità neuronale, ovvero della capacità di modificarsi e di adattarsi di fronte a traumi legati sia all'esperienza sia alle lesioni fisiche, ricordandoci in questo modo che, l'evoluzione umana non risiede solo nel corpo che vediamo ma anche nel corpo a noi impercettibile.
Articolo a cura di Dott.a Lisa Maccarone Psicologa clinica e della Salute ed esperta in neuropsicologia clinica dell'adulo e dell'anziano Per approfondimenti: RusselRevlin, Psicologia cognitiva,teoria e pratica, Zanichelli, cap.4
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