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L’Arteterapia: un ponte creativo nella cura delle demenzE






La gioia del creare libera energie vitali, abbatte le difese e risveglia la parte più autentica e viva di noi. Ed è proprio in questo spazio, tra gioco e simbolo, che la cura trova casa.

La demenza è una malattia neurodegenerativa in rapida espansione che colpisce profondamente la memoria, il pensiero, il comportamento e le emozioni. Sebbene non esista una cura definitiva, oggi si lavora per rallentare il decorso e migliorare la qualità della vita delle persone colpite. Accanto ai trattamenti farmacologici, si stanno facendo strada approcci terapeutici alternativi, più delicati ma altrettanto efficaci. Tra questi, l’arteterapia si sta rivelando una risorsa preziosa, capace di offrire sollievo, stimolare le capacità residue e riaccendere scintille di identità e comunicazione.


Cos’è l’Arteterapia?

L’arteterapia è un metodo terapeutico che usa l’arte e il processo creativo come strumenti centrali per esplorare e affrontare emozioni, ricordi, traumi e difficoltà interiori. A differenza della psicoterapia tradizionale, non si basa solo sulla parola: qui, a parlare, sono i colori, le forme, i movimenti, i suoni. Questo linguaggio non verbale permette a chi lo utilizza di esprimere parti profonde del proprio vissuto, spesso difficili da comunicare con le parole.

La forza dell’arteterapia sta proprio nella possibilità di coinvolgere corpo, mente e spirito attraverso esperienze sensoriali, motorie e simboliche. Può stimolare funzioni cognitive, ridurre stress e ansia, facilitare l’autocomprensione e favorire il benessere emotivo.


Cosa significa oggi fare arteterapia?

L’arteterapia è oggi riconosciuta come un intervento efficace in molteplici ambiti. Utilizza mediatori artistici – come pittura, musica, danza, teatro, fotografia – per facilitare l’espressione di sé, lo sviluppo personale e il benessere psicofisico.

Anche se l’arteterapia, come la intendiamo oggi, ha preso forma solo nel XX secolo, l’idea che l’arte possa avere un effetto benefico sulla mente e sullo spirito affonda le sue radici molto più indietro nel tempo. Già nell’antico Egitto, ad esempio, si ricorreva alla musica e alla danza per trattare disagi psichici: balli, canti e concerti erano strumenti quotidiani per il benessere emotivo. Anche le civiltà greca e romana riconoscevano un ruolo importante all’arte: il teatro veniva usato per stimolare la catarsi – cioè la purificazione delle emozioni – mentre la lettura e la poesia aiutavano ad alleviare dolori interiori.

Nel Medioevo, però, questa visione venne oscurata da credenze magiche e superstizioni, che sostituirono il valore curativo dell’arte con pratiche esoteriche e religiose. Fortunatamente, con il Rinascimento, l’arte tornò a occupare un posto centrale nella vita quotidiana e nella cultura. Gli artisti iniziarono a essere visti come persone dotate di sensibilità straordinarie, quasi visionari, capaci di toccare le corde più profonde dell’animo umano. Le loro opere venivano percepite non solo come bellezza da ammirare, ma anche come strumenti in grado di allontanare la sofferenza e le inquietudini dell’anima.

Un altro passo importante avvenne durante la Rivoluzione Industriale in Inghilterra. In questo periodo, l’utilizzo dell’arte in contesti di cura prese una direzione più sistematica e consapevole. Si parlava di "terapia morale": le persone affette da disturbi mentali venivano accolte in strutture immerse nella natura, dove potevano dedicarsi liberamente ad attività creative come disegno, pittura e musica. Uno dei più celebri frequentatori di queste strutture fu Vincent Van Gogh, che in diversi momenti della sua vita trovò sollievo proprio attraverso la pittura.

La vera nascita dell’arteterapia moderna, però, avvenne nel corso del Novecento, grazie anche al contributo delle teorie psicoanalitiche di Freud e Jung. In particolare, Margaret Naumburg – fortemente influenzata dalla psicoanalisi freudiana – è considerata la madre fondatrice dell’arteterapia negli Stati Uniti. Secondo lei, il vero valore terapeutico dell’arte risiedeva nel suo potere di dare forma ai contenuti più profondi e nascosti dell’inconscio. Come diceva lei stessa: “Il processo dell’arte terapia si basa sul riconoscimento che i sentimenti e i pensieri più profondi dell’uomo, provenienti dall’inconscio, trovano espressione più facilmente nelle immagini che nelle parole” (Naumburg, 1966).

I laboratori di arteterapia sono spazi pensati per stimolare e accogliere la creatività. Non si tratta di studi psicologici tradizionali, ma ambienti vivi e dinamici, ricchi di materiali: stoffe, colori, creta, strumenti musicali, giochi, luci, spazi vuoti da reinventare. Ogni elemento è studiato per creare un setting accogliente, sicuro e stimolante.

L’arteterapia può includere molte forme espressive:

  • Arti visive: disegno, pittura, collage, modellazione con das o argilla, uso di fotografie e video.

  • Musicoterapia: ascolto e produzione di suoni per stimolare o rilassare.

  • Danzaterapia: movimento libero per esplorare emozioni e sensazioni attraverso il corpo.

  • Teatroterapia: interpretazione, improvvisazione e gioco di ruoli per sperimentare nuovi punti di vista.

  • Gioco: giochi semplici e spontanei che aiutano a esplorare il sé e a relazionarsi con l’altro in modo istintivo e non giudicante.


A chi si rivolge? Le aree di intervento

Area terapeutica- L’arteterapia è spesso integrata in programmi di riabilitazione per persone con gravi disabilità o disturbi psichiatrici. Non sostituisce le terapie tradizionali, ma le completa, offrendo nuovi canali di comunicazione. Più che il materiale artistico in sé, è la relazione terapeuta-paziente a fare la differenza.

Area riabilitativa- Anche in assenza di patologie psichiatriche, può essere utile per persone con disabilità fisiche o per chi affronta momenti di difficoltà. Qui il gioco, l’espressione e la libertà creativa permettono di esplorare il proprio corpo e le proprie emozioni senza giudizi o aspettative.

Area educativa e preventiva- In momenti di transizione o crisi – come un cambiamento lavorativo, la pensione, una separazione – l’arteterapia può aiutare a ritrovare un centro, attivando risorse creative che spesso restano inespresse.

L’arte cura perché permette di trasformare emozioni in forme visibili. Disegnare, modellare, muoversi, suonare: ogni gesto creativo aiuta a riconoscersi, a raccontarsi, a lasciar traccia. Anche quando si affrontano vissuti dolorosi, il processo creativo apre uno spazio di elaborazione e distacco, utile per ritrovare equilibrio e nuove possibilità relazionali.

Tra i principali benefici: maggiore autostima, miglioramento dell’immagine di sé, rafforzamento dei legami sociali, promozione del benessere emotivo e attivazione delle risorse personali.

Nel trattamento delle demenze – come anche in tanti altri ambiti – l’arteterapia rappresenta una possibilità concreta di cura non solo del sintomo, ma della persona nella sua interezza. Un viaggio profondo, accessibile a tutti, che parte da un gesto, da un segno, da un colore. E che può portare molto lontano, dentro e fuori di sé.




Articolo a cura della Dott.sa Elisa Conte

Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche

 

 

 

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