L’umorismo come cura emotiva
- Dott.ssa Letizia Vitale
- 21 lug
- Tempo di lettura: 3 min

Quando parliamo di umorismo in psicologia non ci stiamo riferendo solo al divertimento, ma si parla di una vera e propria strategia di coping, ossia un meccanismo psicologico utilizzato dalle persone per affrontare situazioni di stress.
Grazie a diversi studi si è osservato come l’umorismo abbia effetti profondi sul benessere sia psicologico che fisico, infatti favorisce il rilassamento muscolare, riduce i livelli di cortisolo, migliora il tono dell’umore e stimola il sistema immunitario.
In un studio condotto in Australia nel 2013 da Low e colleghi, pubblicato sulla rivista BMJ Open (Low et al., 2013), si è sperimentato l’effetto di quella che viene chiamata “terapia del sorriso” su anziani con demenza e dai risultati è emersa una significativa riduzione di agitazione, ansie e disturbi comportamentali.
L’umorismo, inoltre, può diventare una vera e propria cura emotiva non solo per chi convive con una forma di demenza, ma anche per chi si prende cura ogni giorno di una persona fragile.
Uno studio, pubblicato sulla rivista The Gerontologist da Lefcourt e colleghi (Lefcourt et al., 1999), ha analizzato l’efficacia dell’umorismo nei gruppi di supporto per caregiver di persone con Alzheimer. I ricercatori hanno riscontrato che i caregiver che utilizzavano più frequentemente l’umorismo come strategia di coping riportavano livelli più bassi di depressione e un maggiore senso di soddisfazione personale, evidenziando come la risata condivisa potesse rafforzare la resilienza e il benessere psicologico.
Tipi di umorismo
L’umorismo non è tutto uguale, va sempre utilizzato con delicatezza e rispetto e va adattato ai gusti e alle capacità cognitive residue della persona, privilegiando la spontaneità e il sorriso sincero.
Secondo Martin et al. (2003) esistono 4 diversi stili di umorismo. I più efficaci e sicuri per chi assiste una persona fragile sono l’umorismo affiliativo e l’autorinforzativo.
L’umorismo affiliativo è quello che serve a creare un clima allegro e positivo, migliorando la connessione e complicità tra le persone, senza ferire o prendere in giro nessuno. L’obiettivo è ridere insieme di qualcosa di innocuo o quotidiano, in modo spontaneo e gentile. Nel caregiving, questo aiuta a rafforzare il legame emotivo con la persona assistita e creare un clima di serenità anche nei momenti più difficili .
L’autorinforzativo, invece, consiste nella capacità di prendere in giro sé stessi in modo benevolo, accettando con leggerezza i propri limiti o errori. Per i caregiver, è particolarmente utile perché permette di affrontare la frustrazione quotidiana senza giudizio, riduce il senso di colpa e aumenta la resilienza.
Al contrario, vanno evitati l’umorismo aggressivo o autosvalutativo in quanto possono ferire ed umiliare. Bisogna fare attenzione a non scivolare nella derisione, soprattutto quando si tenta di sdrammatizzare un errore o una dimenticanza della persona con demenza. Anche se l'intento è quello di alleggerire la situazione, il rischio è che l'ironia venga percepita come una presa in giro, alimentando vergogna, frustrazione o confusione. Per questo è fondamentale scegliere un umorismo delicato e rispettoso, che protegga la dignità dell'altro e non lo faccia sentire sbagliato.
In conclusione
L’umorismo può rappresentare quindi una vera e propria valvola di sfogo per alleggerire il peso quotidiano e ritrovare energie mentali ed emotive. Questo non significa negare la gravità della situazione, ma vuol dire affrontarla con più leggerezza e consapevolezza, migliorando il legame emotivo con la persona assistita. Ridere insieme può trasformarsi in un momento di connessione profonda, dove si abbattono le barriere della malattia e si ristabilisce la complicità.
Ridere insieme non cancella la fatica, ma la rende più leggera.
Articolo a cura della Dott.a Letizia Vitale,
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche







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