Alzheimer e alimentazione: quando anche un pasto diventa un peso per chi si prende cura.
- Dott.a Federica Calasso
- 14 lug
- Tempo di lettura: 2 min

Prendersi cura di una persona con demenze degenerative come l’Alzheimer è un gesto d’amore verso il prossimo. Ma, come in ogni relazione, si nascondono delle fatiche che dall’esterno non sono visibili; tra queste c’è l’alimentazione.
In uno studio pubblicato su Dementia & Neuropsychologia, elaborato in Brasile, si è visto come i problemi legati al cibo possono influire notevolmente sul carico fisico ed emotivo del caregiver (l’assistente) e tale tema è spesso trascurato o sottovalutato. Il cibo diventa fonte di stress piuttosto che un gesto di cura nei confronti del paziente e, con l’avanzare della patologia, questo atteggiamento negativo aumenta. Facciamo riferimento a problematiche come la disfagia (difficoltà nella deglutizione), resistenza ai pasti e comportamenti oppositivi o rifiuto del cibo che aumentano lo stress del caregiver anche prima della somministrazione del pasto, sapendo già a cosa andrà incontro.
Facendo riferimento allo studio che ha coinvolto 60 coppie composte da paziente e caregiver, si è visto come questi comportamenti ostili aumentano il sovraccarico di stress nei familiari e tutti coloro che si occupano dei propri cari con l’Alzheimer; inoltre, si è visto come questo sia un problema che si manifesta a prescindere da quanto tempo si è caregiver. Anzi, soprattutto chi è alle prime armi dichiara di sentirsi sopraffatto.
Grazie all’uso di interviste e questionari, i ricercatori hanno potuto misurare le difficoltà alimentari dei pazienti e il livello di stress dei loro assistenti. I risultati mostrano come maggiori problemi legati all’alimentazione causano maggiore carico emotivo percepito da chi se ne prende cura. In particolare, è stata usata la scala EdFED, che valuta i comportamenti alimentari nella demenza, e si nota come i punteggi risultano coerenti anche con la Zarit Burden Interview, una scala che valuta il carico del caregiver.
Bisogna essere a conoscenza di questa dinamica in quanto è un tema importante per la salute pubblica: quando il caregiver mostra segni di stress e stanchezza, anche l’assistenza ne risente e, nei casi peggiori, si può andare verso il burnout (condizione di esaurimento psicofisico), trascuratezza di sé e del proprio caro o addirittura l’abbandono. Inoltre, l’alimentazione è molto spesso sottovalutata nei percorsi di supporto, ma insegnare a gestire questi momenti stressanti, riconoscere dai primi segni la disfagia e usare strategie comunicative efficaci possono fare la differenza.
Cosa possiamo fare?
Innanzitutto è importante formare il caregiver, fornire strumenti semplici ma efficaci per affrontare al meglio le sfide dell’alimentazione; parlare maggiormente del carico emotivo, normalizzare la fatica e riconoscere la possibilità di chiedere aiuto e, infine, favorire una rete di supporto: nessuno deve affrontare l’Alzheimer da solo.
“Ogni pasto è un atto d’amore, ma anche un momento in cui il caregiver può sentirsi fragile. È tempo di riconoscere il loro valore e di offrire il supporto che meritano.”
Articolo a cura della Dott.ssa Federica Calasso
laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche







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