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ALZHEIMER: PREVENZIONE E STRATEGIE NON FARMACOLOGICHe

Aggiornamento: 19 ago

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La malattia di Alzheimer rappresenta oggi una delle principali sfide per la medicina e la sanità pubblica. Secondo le stime più recenti, nel mondo vivono circa 24 milioni di persone affette da questa forma di demenza, con proiezioni che parlano di oltre 60 milioni di casi entro il 2040. Si tratta dunque di una vera e propria emergenza globale, con rilevanti conseguenze sia cliniche che socio-economiche. Le terapie oggi disponibili non sono in grado di guarire la malattia: esse mirano piuttosto a rallentarne la progressione e a contenere i disturbi comportamentali tipici delle fasi avanzate, come agitazione, aggressività o depressione. Tuttavia, lo sviluppo di nuovi farmaci specifici per l’Alzheimer si è rivelato estremamente difficile: diversi studi clinici hanno fallito e anche grandi multinazionali hanno sospeso i loro programmi di ricerca, scoraggiate dagli altissimi costi e dall’elevato rischio di insuccesso.

Alla luce di ciò, la comunità scientifica ha progressivamente spostato l’attenzione verso la prevenzione primaria e secondaria, indagando lo stile di vita e i fattori ambientali in grado di proteggere il cervello e mantenere più a lungo la salute cognitiva. Numerose ricerche hanno dimostrato che la dieta mediterranea esercita un effetto protettivo significativo. Questo regime alimentare, povero di carne e latticini ma ricco di frutta, verdura, cereali integrali, olio d’oliva e pesce, riduce il rischio cardiovascolare, abbassa i livelli di glucosio e insulina e modula in senso anti-infiammatorio diversi marcatori biologici. È stato osservato che chi segue più da vicino questo modello ha una probabilità ridotta di sviluppare demenza e, nei soggetti già a rischio, si registra un rallentamento del declino cognitivo. In parallelo, il campo della nutraceutica sta offrendo risultati interessanti. Una miscela di nutrienti contenente acidi grassi omega-3, colina, uridina monofosfato, fosfolipidi, vitamine del gruppo B e antiossidanti ha dimostrato di rallentare la progressione del decadimento cognitivo lieve. Tali sostanze agiscono sinergicamente sul metabolismo neuronale, favorendo la sintesi delle membrane cellulari e migliorando la trasmissione sinaptica.

Un ulteriore ambito di ricerca riguarda il microbiota intestinale, la cui alterazione sembra contribuire a processi neuro infiammatori e alla deposizione di placche amiloidi nel cervello. È stato riscontrato un aumento della presenza di Escherichia/Shigella nei pazienti con compromissione cognitiva, associato a livelli più elevati di interleuchine pro-infiammatorie. L’uso di probiotici come Lactobacillus rhamnosus e L. helveticus ha mostrato effetti positivi nei modelli animali, preservando i livelli di BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor) e prevenendo la perdita di memoria.

D’altro canto, l’esercizio fisico rappresenta un altro potente strumento di prevenzione. È dimostrato che l’attività aerobica regolare stimola la neurogenesi nell’ippocampo, favorisce la plasticità sinaptica e riduce il rischio di eventi cerebrovascolari. L’attivazione della corteccia prefrontale, inoltre, migliora funzioni esecutive come pianificazione, regolazione emotiva, memoria di lavoro e capacità di problem solving. Anche semplici attività quotidiane – camminare, andare in bicicletta, ballare – sono risultate efficaci nel ridurre il rischio di declino cognitivo.

La stimolazione cognitiva attraverso lettura, giochi da tavolo, cruciverba, apprendimento di nuove competenze o lingue rappresenta un ulteriore fattore protettivo. Il concetto di “cognitive reserve” (riserva cognitiva) suggerisce che un cervello costantemente allenato riesca a compensare più a lungo le perdite neuronali. Anche la musica è riconosciuta come strumento terapeutico e preventivo. Il cosiddetto “Effetto Mozart”, descritto per la prima volta nel 1993, ha dimostrato che l’ascolto di specifiche composizioni musicali può temporaneamente aumentare le capacità cognitive. Studi successivi hanno confermato che in soggetti con decadimento lieve, la musica di Mozart determina non solo un miglioramento nei test cognitivi, ma anche un aumento dei livelli sierici di BDNF, molecola chiave nella plasticità cerebrale. Infatti, caratteristiche ritmiche e matematiche di alcuni brani di Mozart e Bach, facilmente decodificabili dal cervello, sembrano particolarmente adatte a stimolare i circuiti neuronali. Questo rientra nel più ampio concetto di arricchimento ambientale, che comprende stimoli culturali, sociali e artistici capaci di rafforzare la resilienza cerebrale. Altri fattori protettivi, oltre a dieta, attività fisica e musica, possono essere: la qualità del sonno; la deprivazione cronica di sonno è correlata a un aumento della produzione di beta-amiloide. Un riposo regolare invece, favorisce i processi di “pulizia” cerebrale operati dal sistema glinfatico. Per quanto riguarda i fattori di rischio di tipo cardiovascolare è stato visto come: ipertensione, diabete e obesità aumentano il rischio di Alzheimer e vanno gestite precocemente.


Conclusioni


La ricerca dimostra chiaramente che la prevenzione dell’Alzheimer non può limitarsi al solo ambito farmacologico. Stile di vita sano, alimentazione equilibrata, attività fisica regolare, stimolazione cognitiva e arricchimento ambientale rappresentano oggi i pilastri su cui costruire strategie efficaci per ridurre il rischio e rallentare la progressione del danno cognitivo. Investire nella promozione di tali fattori protettivi non solo contribuisce a preservare la salute cerebrale individuale, ma riduce anche l’impatto sociale ed economico di una patologia destinata, nei prossimi decenni, a crescere in maniera esponenziale.


Articolo a cura della Dott.ssa Anna Viggiani

Laureata in Psicologia Clinica e della Salute




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