Ad oggi, non è disponibile una cura per la demenza. Tuttavia, i farmaci possono rallentare l'avanzamento della malattia e migliorare la qualità di vita sia dei pazienti che dei loro cari.
I farmaci impiegati per il trattamento dell'Alzheimer agevolano la comunicazione tra le cellule nervose nel cervello, possono temporaneamente potenziare le funzioni cognitive o ritardare il declino delle stesse. La terapia farmacologica permette di mantenere un maggior grado di indipendenza nel tempo e mitiga, inoltre, i sintomi comportamentali e dell'umore connessi alla patologia. Maggiore è la tempestività nell’utilizzo dei farmaci, più elevata risulterà la loro efficacia. Secondo l'ipotesi amiloide, l'amiloide-beta (Aβ), il principale costituente delle placche extracellulari presenti nel cervello dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD), avvia il processo della malattia ed è quindi un bersaglio interessante per l'intervento terapeutico. Attualmente esistono quattro anticorpi monoclonali, in fase avanzata di sviluppo clinico, che prendono di mira forme aggregate di Aβ, Lecanemab, Aducanumab, Gantenerumab e Donanemab.
Dallo studio di Söderberg e colleghi (2023) è emerso che Donanemab è stato escluso poiché non lega l'Aβ a lunghezza intera N-terminale, il peptide utilizzato nella sperimentazione. I dati, pur confermando che gli altri tre anticorpi sono altamente selettivi per l'aggregato Aβ, mostrano anche che ci sono differenze distinte. Aducanumab e Gantenerumab hanno dimostrato selettività verso le fibrille rispetto alle protofibrille, mentre Lecanemab ha mostrato un legame più forte con le protofibrille che con le fibrille.
Il Lecanemab, noto anche come BAN2401, è un principio attivo concepito per modificare la biologia sottostante all’Alzheimer, contribuendo a rallentare la progressione della malattia nella fase di esordio. Tuttavia, è importante sottolineare che non offre una cura per l’Alzheimer. Si tratta di un anticorpo monoclonale che può stimolare un'immunizzazione passiva, mirata ai depositi proteici presenti nel cervello, tipici della malattia di Alzheimer. In particolare, il Lecanemab agisce sugli aggregati di beta-amiloide (Aβ), una delle due proteine il cui accumulo e deposito sono considerati, secondo le attuali ricerche, tra le possibili cause di questa patologia, al fine di prevenire i processi infiammatori o la morte delle cellule nervose nel cervello.
Attualmente, oltre 100 diverse sostanze attive sono in fase di studio clinico. Questi studi mirano a valutare la sicurezza, il dosaggio, la tollerabilità e l’efficacia di queste sostanze sia in soggetti sani che in individui affetti da Alzheimer. Attraverso tali ricerche, si stanno esplorando approcci diversificati per il trattamento della malattia, concentrandosi su vari meccanismi d’azione nel cervello.
Articolo a cura della Dott.ssa Veronica Gabriele
Laureata in Psicologia Clinica e della Salute
Reference
Cummings, J., Lee, G., Zhong, K., Fonseca, J., & Taghva, K. (2021). Alzheimer's disease drug development pipeline: 2021. Alzheimer's & Dementia: Translational Research & Clinical Interventions, 7(1), e12179. https://doi.org/10.1002/trc2.12179
Söderberg, L., Johannesson, M., Nygren, P., Laudon, H., Eriksson, F., Osswald, G., Möller, C., & Lannfelt, L. (2023). Lecanemab, Aducanumab, and Gantenerumab - Binding Profiles to Different Forms of Amyloid-Beta Might Explain Efficacy and Side Effects in Clinical Trials for Alzheimer's Disease. Neurotherapeutics: the journal of the American Society for Experimental NeuroTherapeutics, 20(1), 195–206. https://doi.org/10.1007/s13311-022-01308-6
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