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Quando la pittura diventa memoria: William Utermohlen e l’Alzheimer raccontato a colori

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William Utermohlen, artista statunitense, ha trasformato la propria esperienza con l’Alzheimer precoce in un percorso creativo unico e intenso, facendo della pittura un linguaggio capace di raccontare ciò che le parole non riescono più a esprimere. I suoi autoritratti, realizzati nel corso degli anni successivi alla diagnosi, non sono solo opere d’arte: sono una testimonianza visiva della malattia, una finestra sul mondo interiore di chi affronta la perdita progressiva della memoria e della percezione di sé, e al tempo stesso un documento straordinario per comprendere il legame tra identità e funzioni cognitive.


Negli anni ‘90, dopo la diagnosi di Alzheimer, Utermohlen inizia a dipingere una serie di autoritratti che documentano l’evoluzione della malattia in maniera cronologica. All’inizio, i volti appaiono precisi, proporzionati e realistici, con tratti definiti e colori equilibrati. Con il passare del tempo, i lineamenti si frammentano, le proporzioni si deformano e le pennellate diventano più libere, quasi a cercare di catturare l’essenza di un Sé che lentamente sfugge.


La progressiva trasformazione dei suoi quadri riflette in modo sorprendentemente diretto ciò che accade nella mente di chi convive con l’Alzheimer: difficoltà di percezione spaziale, riduzione della coordinazione motoria e alterazioni nella capacità di rappresentare dettagli e proporzioni. In questo senso, la pittura di Utermohlen diventa uno specchio delle funzioni cognitive che si modificano, restituendo allo spettatore una comprensione visiva della malattia che va oltre la spiegazione teorica.


Quello che colpisce dei suoi autoritratti è la forza emotiva che trasmettono. Ogni quadro racconta non solo la progressiva perdita di controllo sulla realtà visiva e corporea, ma anche la volontà dell’artista di comunicare e di esprimere la propria identità. Anche quando la memoria comincia a vacillare, Utermohlen continua a dipingere, dimostrando che la creatività può diventare un linguaggio alternativo, un modo per mantenere viva la propria presenza e per trasmettere emozioni e sensazioni. I suoi lavori sono oggi studiati non solo come opere artistiche, ma anche in ambito educativo e clinico, per far comprendere a studenti, professionisti della salute mentale e familiari che cosa significhi vivere con una malattia neurodegenerativa, quali siano le sfide quotidiane e quale forza interiore sia necessaria per affrontarle.


Guardare gli autoritratti di Utermohlen significa confrontarsi con un’esperienza che è allo stesso tempo personale e universale. L’intensità dei colori, la frammentazione dei tratti e la deformazione dei lineamenti creano un impatto immediato sullo spettatore: si percepisce la tensione tra ciò che l’artista ricorda e ciò che sfugge, tra il desiderio di comunicare e la difficoltà crescente di farlo. Le opere diventano così strumenti di riflessione su temi fondamentali come la memoria, l’identità e la dignità delle persone che vivono con l’Alzheimer. La pittura permette di osservare, con chiarezza e profondità, come la malattia non cancelli del tutto la capacità di esprimere emozioni e di mantenere contatti con il mondo esterno, anche nei momenti più difficili.


Questa esperienza artistica offre al pubblico un’occasione rara di comprendere cosa significhi davvero convivere con una malattia neurodegenerativa, andando oltre stereotipi e rappresentazioni superficiali. La storia di Utermohlen ci invita a guardare, capire e riflettere su come la creatività e l’espressività possano diventare strumenti di resilienza, permettendo a chi è colpito dalla malattia di mantenere una forma di continuità con se stesso e con gli altri. I suoi autoritratti ci ricordano che dietro ogni diagnosi c’è una persona con una storia, una rete di affetti, un mondo interiore che merita di essere conosciuto e rispettato.


Osservando la sua arte, emerge un messaggio che va oltre l’individuo: ci insegna a ricordare per chi non può più farlo, a dare valore ai gesti quotidiani e ai piccoli momenti di lucidità che ancora sopravvivono alla malattia, e a riconoscere la forza e la dignità di chi continua a lottare ogni giorno. I quadri di Utermohlen non sono solo immagini di un volto che cambia, ma memorie visive che parlano di coraggio, identità e resistenza, e che trasformano la fragilità in una forma di comunicazione universale. Per chi osserva, la sua arte diventa così un ponte tra emozione e conoscenza, tra il mondo interiore di chi vive con l’Alzheimer e chi vuole comprendere la complessità e l’umanità di questa esperienza.


A cura del dott. Gabriele Scuccimarra

Laureato in Psicologia clinica


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